I Furlanetto in Germania sulle orme di Cesare: proprio così, nella settimana in cui ricorreva il 78° anniversario dell’armistizio dell’8 settembre 1943, alcuni membri della famiglia di Cesare Furlanetto, internato militare italiano (I.M.I.) durante la seconda guerra mondiale e morto nel 1995, hanno compiuto un lungo viaggio della memoria. Quasi mille chilometri da Malcontenta, dove la famiglia si trasferì nel dopoguerra da Eraclea, che allora si chiamava Grisolera, per raggiungere e visitare i luoghi di prigionia citati nel Diario sulla mia prigionia di Cesare, recentemente pubblicato da Tracciati Editore, in cui egli racconta di quei 638 giorni passati coi suoi compagni negli stalag della Germania nazista di Adolf Hitler degli anni ’40.
Durante la visita il gruppo ha anche reso omaggio ai morti dell’eccidio di Abtnaundorf, uno degli ultimi massacri per mano delle SS e della Gestapo avvenuto il 18 aprile 1945 quando. Alcuni prigionieri politici che lavoravano con Furlanetto, come racconta lui nel suo Diario, furono rinchiusi in una baracca: erano per lo più persone ammalate o incapaci di camminare che non potevano prendere parte a quelle che sono passate alla storia come le marce della morte. La baracca fu cosparsa di benzina e venne data alle fiamme, mentre a poche centinaia di metri la città era già stata liberata dalle forze armate americane. Lo stesso Cesare racconta che il 27 aprile 1945 andrà lui stesso a vedere i resti dei corpi bruciati di coloro che, tentando di fuggire, non erano stati risparmiati: oggi sorge un monumento in loro ricordo cui i figli di Cesare hanno reso omaggio con un mazzo di fiori.
Ma sono stati molti i momenti nei quali i familiari di Cesare hanno voluto ricordare quanti, oggi si stima siano stati almeno 55.000, non tornarono da quel loro quasi unanime dire no all’arruolamento tra le file delle forze armate nazifasciste: il gesto si è ripetuto presso il monumento che ricorda i morti dell’ex cimitero militare italiano di Jacobsthal dello Stalag IV B Zeithan e presso il cimitero dove, su quello che sembra un prato, ancora oggi riposano i resti di soldati italiani di chi perse invece la vita dello Stalag IV B, assieme a quellia di caduti di tante altre nazionalità.
È stata un’emozione dopo l’altra per i figli vedere la caserma dello stalag IV G dove Cesare fu detenuto prima di essere assegnato al gruppo di lavoro, e quanto rimaneva della fabbrica di aerei ormai quasi del tutto inghiottita dalla foresta, e le stazioni ferroviarie di arrivo e partenza dai campi rimaste praticamente identiche dalla seconda guerra mondiale, e infine calpestare quelle stesse strade di ciotoli che il loro papà e nonno aveva percorso.
La visita si è conclusa incontrando il Console di Lipsia. La famiglia con questo viaggio ha voluto ricordare i soldati italiani internati militari che dopo l’8 settembre 1943, con il loro “No”, hanno dato il via alla loro lotta di resistenza, combattuta senza armi ma fatta di fame, di freddo, di malattie e lavoro, tanto lavoro, schiavi del 3° Reich costruendo ma ponendo le fondamenta, in quei campi, della nostra Europa.