Alberto Di Gilio
Caporetto. Le molte cause i tanti perché
Padova, Tracciati, Storia, 2018, pp. 223
«….visi strani mi guardano, animi maligni, perversi, restii al bene mi circondano…Un giorno dovranno piangere lacrime di sangue per tutto quello che fanno soffrire. La mano divina si farà sentire grave sul colpevole, sull’infame, sull’ingiusto. Maledetta la guerra, maledetta chi la pensò, maledetto chi per primo la gridò. Sono stanco di questa schiavitù militare, di questa obbedienza umiliante e misera, stomacato dagli abusi che si commettono sotto l’ipocrita spoglia della disciplina. Avevo un altro concetto della vita militare prima della guerra, credevo vi fosse tutta gente compita, c’è la feccia, la melma, il fior fiore dell’imbecillaggine, il rifiuto della società civile, gente che non ha coscienza, che non può avere larghe vedute…Il militare deve sottoporre tutto se stessoad un altro individuo che si chiama superiore, fosse anche l’assenza dell’ignoranza…».
«….visi strani mi guardano, animi maligni, perversi, restii al bene mi circondano…Un giorno dovranno piangere lacrime di sangue per tutto quello che fanno soffrire. La mano divina si farà sentire grave sul colpevole, sull’infame, sull’ingiusto. Maledetta la guerra, maledetta chi la pensò, maledetto chi per primo la gridò. Sono stanco di questa schiavitù militare, di questa obbedienza umiliante e misera, stomacato dagli abusi che si commettono sotto l’ipocrita spoglia della disciplina. Avevo un altro concetto della vita militare prima della guerra, credevo vi fosse tutta gente compita, c’è la feccia, la melma, il fior fiore dell’imbecillaggine, il rifiuto della società civile, gente che non ha coscienza, che non può avere larghe vedute…Il militare deve sottoporre tutto se stessoad un altro individuo che si chiama superiore, fosse anche l’assenza dell’ignoranza…» (pp. 223, pp. 56-57)
Sono sufficienti queste parole per spiegare quale sia stato il valore di una guerra combattuta forzatamente da milioni di persone e rifiutata dalla gran parte, cioè da quelli che possono ritenersi i veri protagonisti della storia.
Il libro evidenzia, fin da subito, alcuni concetti che sono già investiti di un preciso e inequivocabile significato:
- Una guerra come carneficina
- Una guerra di logoramento
- Una guerra vissuta in trincea
- Una guerra infernale
- La crudeltà della guerra
Non è semplice riavvolgere il nastro degli avvenimenti storici, ma questo libro ben li dispiega. La storia, quella che deve essere spiegata anche ai nostri ragazzi, alle future generazioni, deve fondarsi sulla ricostruzione della “verità dei fatti”. Una storia quindi riscritta ad un secolo di distanza.
L’ampia introduzione, La Grande guerra 1914-1915, ha il pregio di ripercorrere dettagliatamente tutti gli avvenimenti antecedenti l’entrata in guerra dell’Italia e i successivi eventi tragici. Dalle ragioni storiche e politiche, alle gravi responsabilità della parte intellettuale del Paese, all’ampia disamina sul rapporto tra popolazione civile e la Grande guerra.
Descrivere le violenze, i soprusi, le atrocità commesse è ridare dignità a chi è stato costretto a raccontare con probabilità un’altra storia. Il libro permette al lettore di entrare nel quadro politico e sociale del tempo, ricollegando gli eventi, le numerose concause e carenze militari che portarono al conflitto.
Ma molto prima occorre evidenziare come il 1914 si fosse già concluso con un bilancio spaventoso: quattro milioni e mezzo tra soldati, morti, feriti e dispersi. Considerare che la fine di un conflitto avesse potuto significare il rafforzamento di un predominio sul mondo fu un grave errore.
La prima guerra mondiale, infatti, segnò il declino dell’Europa squarciata dalle conseguenze tragiche della fine delle ostilità.
Dai dibattici politici, nati dalle grandi fazioni tra interventisti e neutralisti, non hanno trovato spazio di parola i milioni di persone che dovettero affrontare ogni tipo di difficoltà e di angherie da parte di chi, in fondo, doveva proteggerli. Precarietà, instabilità, malattie, orrore, gravi soprusi per chi tentava, anche dichiarando il falso, di “evitare”, in qualche modo, di combattere al fronte.
Punizioni, fucilazioni improvvise, la fine di ogni tipo di libertà morale queste sono solo alcune delle conseguenze tragiche di chi la guerra la subì pesantemente.
La seconda parte del libro si sofferma sulle vicende antecedenti la disfatta di Caporetto, così tanto discussa e mai sufficientemente chiarita. Dallo sfondamento del fronte, alle reali cause del disastro, alle biografie curate con precisa attenzione di alcune personalità controverse della guerra: dal Generale Cadorna, al Tenente Generale Luigi Attilio Capello, a Luca Montuori Comandante della Scuola di Guerra, al duca d’Aosta Emanuele Filiberto, al Tenente Colonnello Pietro Badoglio, ai Generali Maggiori Alberto Cavaciocchi e Luigi Bongiovanni fino a Roberto Bencinvenga promosso funzionario di Capo di Stato Maggiore. Ritratti inediti sugli eventi decisivi che portarono alla Grande guerra.
L’autore, Alberto Di Gilio, delinea gli errori e le numerose inadeguatezze di chi stava al Comando dei reparti militari, di coloro che dovevano seguire una certa linea politica, ampiamente discussa a livello parlamentare.
A ciò si aggiungono altre cause che portarono alla tragedia di Caporetto: i progressi da un punto di vista tecnico sulle armi utilizzate dal nemico, le strategie militari nemiche alquanto sconosciute al nostro esercito militare, una comunicazione insufficiente, lo scarso impiego dell’artiglieria, il devastante effetto del gas, la mancanza di addestramento dei nostri soldati che al fronte si trovavano spesso in condizioni disumane.
Gli stessi luoghi di battaglia, per le condizioni meteo avverse e per la specifica morfologia geografica risultarono un boomerang per i nostri eserciti in guerra, che finirono tragicamente per soccombere e per cedere alla superiorità del fronte nemico.
Un libro molto interessante perché offre una chiave di lettura dei fatti veritiera. Un volume che tiene conto di fonti approfondite, di tante testimonianze epistolari inedite e che si offre al pubblico senza censura, senza provocazioni, ma che invita i lettori a riflessioni ulteriori sul significato della memoria dei fatti e sulle ricerche future che devono portare alla revisione dei fatti storici.
Mariangela Lando
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